giovedì 3 luglio 2014

Champagneria o Olivella?

Provate a chiedere a uno studente palermitano di portarvi alla "Champegneria". Senza esitare, il giovane vi condurrà nel luogo cult della movida palermitana. Il quartiere, che ha preso il nome da un locale storico che anima le notti di Palermo, si trova proprio di fronte al teatro Massimo ed in realtà si chiama Olivella. E' uno dei rioni storici di Palermo e secondo la leggenda, la sua forma, a quadilatero, emulerebbe quella che fu l'abitazione di santa Rosalia. Il quartiere incrocia alcune delle strade più importanti di Palermo: via Maqueda, via Roma - quartier generale dello shopping pop e via Cavour.
 

Il percorso è affascinante, poichè vi condurrà in una serie di stretti vicoli, di insenature e di stradine, che, per certi versi, lo rendono simileTrastevere. L'Olivella è una fermata obbligata nella notte panormita, con le sue decine di pub, con i locali tunisini dove è possibile gustare un kebab fatto secondo tradizione e dove potrete deliziare il palato cn ottime grigliate di carne, il tutto in un contesto "easy" e a prezzi economici.
 

La vita all'Olivella comincia con l'aperitivo serale, che è servito a meraviglia nei localil, incorniciati dalle stradine sulla piazza. Ce n'è per tutti i gusti: atmosfere sofisticate per gli utenti radical chic, ma anche panche di legno e litri di birra bionda a buon prezzo per le matricole universitarie. 

Alla champagneria potrete stuzzicare di tutto: dai menù turistici di carne o di pesce, alla pizza siciliana, fino agil antipasti a buffet. caponata di melanzane, panelle e insalata di mare. Di notte la zona è un tripudio di vita: atmosfere sicule si mischiano a quelle mediorientali e l'insieme non può che essere di gran fascino.
 

Lì troverete gente che sorride, splendide ragazze tunisine che servono ai tavoli, giovani che bevono e mangiano alla salute della vita fino alle prime luci dell'alba. L'Olivella ha  anche un suo fascino giornaliero, con e sue mattinate sonnecchiose, animate dai residenti, che annaffiano i loro balconi fioriti e che si mescolano ai turisti nello spiegare, a modo loro, la storia di uno dei rioni più antichi di Palermo. 

Se andate di pomeriggio, vi suggerisco di fare un giro dettagliato della zona, soffermandovi nella chiesa di sant'Ignazio all'Olivella. E' uno degli esempi più sontuosi del barocco panormita. Suggestiva, con le sue atmosfere ombrose, richiama lo stile di alcune chiese parigini. A coordinare le attività  della chiesa sono i gentilissimi padri oratoriani, che vi daranno volentieri delucidazioni sulla storia e le tradizioni della chiesa. Tappa imperdibile per chi visita Palermo, il quartiere dell'Olivella profuma di gioventù, di carne arrosto, di birra e di kebab. Imperdibili le pietanze orientali: dalle ottime falafel, alle piadine tunisine. Buon divertimento! (Foto Maristella Panepinto, all rights reserved)

lunedì 30 giugno 2014

Delizie di Sicilia? Come voi nessuno mai!

Con più di una punta di orgoglio, mi permetto di definire la cucina siciliana degna di un banchetti degli dei. Campanilismo a parte, riconosco che venire in Sicilia è la maniera migliore per godere di più d'una bellezza: il paesaggio, la costa, i monti, il Vulcano, l'arte e dulcis in fundu per gustare sapori che sarà difficile bissare altrove. In questo post vi parlerò di alcuni sapori prevalentemente di Palermo, mia città d'adizione. Non mancherà tuttavia maniera, tra le pagine di questo blog, di fare incursioni anche nelle restanti otto province dell'isola. La Sicilia, infatti, oltrechè godere di nove differenti dialetti (caratteristici per declinazioni di dentali e gutturali, di quel cantilenare che varia da provincia a provincia e di quel modo di salmodiare, tipico di alcuni paesi dell'entroterra agrigentino), vanta anche una varietà enogastronomica, che mette accenti diversi a seconda che ci si trovi a Catania, a Palermo o ad Agrigento.
 
 

E' talmente vasta la nostra tradizione ai fornelli che, per un banchetto di matrimonio (giusto per fare un esempio di abbuffata pantagruelica), gli sposi avranno l'imbarazzo della scelta: il menù a base di pesce (gli involtini di pesce spada non si dimenticano, così come il cous cous o la ghiotta e che dire dei polipetti al sugo e lenticchie), quelli di carne (stigghiole, falsomagro, bruciuluni, polpettone), i vegetariani (caponata di melanzane, parmigiana, panelle, crocchè), i primi piatti d'eccellenza (la pasta alla Norma, la carbonara di pesce spada - piatto tipico di Lampedusa - la pasta di San Calò - tipica dell'agrigentino e condita con salsa di pomodori freschi e melanzane fritte e servite come un trionfo a fette intere sul piatto finito - e ancora gli adorabili bucatini con sarde e muddica). Il tripudio di dolci vince il senso di colpa per l'accumulo incessante di calorie: cannoli alla ricotta, zeppole di san Giuseppe, cassata tradizionale ed al forno, gelati al pistacchio di Bronte, cioccolata modicana, paste di mandorla di sant'Alfio (dolcissimo e minuscolo paese sull'Etna), buccellati (dolce tipico natalizio a base di frolla, frutta candita, fichi secchi, marmellata d'arance, mandorle e scaglie di cioccolato).
 
 

Se capitate da Palermo in questo periodo vi consiglio un paio di tappe: potrete fare una colazione succulenta al bar Sicilia, che si trova in via Malaspina, a due passi dal carcere minorile. Non è vicinissimo al centro, ma  varrà la pena di fare un giro in bus per raggiungerlo. Lì potrete scegliere tra la colazione salata (sfincioni, ravazzate -  ossia brioche salate ripiene di ragù -  arancine di ogni gusto) e quella tradizionale (ciambelline fritte e al forno, ericine con la crema bianca o alla ricotta, iris fritte ripiene di crema di latte o di crema di ricotta - questo è uno dei dolci da colazione tipicamente siciliano.
 
 

E' fragrante al primo morso e quindi dalla consistenza morbidissima. E' una bomba calorica, ma va assolutamente gustata). Potrete inoltre farvi preparare un buon cappuccino dal mago palermitano del milk design. I prezzi sono onesti e le quantità considerevoli. A metà mattina vi consiglio uno spuntino al bar Massaro, in via Basile, lì potrete gustare quelle che a mio avviso sono le migliori arancine della città: non sono unte, sono preparate con ingredienti di qualità e vi faranno conoscere il sapore originale di questo cult della rosticceria sicula. Sempre al bar Massaro vi consiglio di gustare un gelato alla frutta: è ottimo.
 
 

Da via Basile potrete facilmente raggiungere piazza Indipendenza e anche lì troverete un paio di punti di riferimento della gastronomia palermitana: il bar Santoro, con i suoi anellini al forno e la deliziosa pasticceria mignon, la friggitoria Testagrossa (ottime il panino pieno zeppo di panelle e crocchè, che per chi non lo sapesse sono il trionfo dello street food local), più giù, discendendo corso Vittorio Emanuele, si può sostare al bar Marocco, dove gustare ottime cassate e il premiato gelato alla nocciola. Un pranzo veloce e in stile street food? In corso Finocchiaro Aprile troverete un'istituzione della città: NInu u Ballerinu.
 
 

 
Sono famose le sue acrobazie, eseguite durante la preparazione di panini con le panelle o di mafalde ripiene di milza (si tratta di una preparazione tutta palermitana, a base di milza fritta, condita con limone e formaggio pecorino). Già che siete in zona, potrete fare un salto in via Colonna rotta e visitare un tempio della pasticceria siciliana: la Cappello.Lì hanno inventato la torta Sette veli, che come dice la parola stessa ha sette distinti strati, che declinano in maniera personale i sapori del cioccolato. Venire a Palermo e non provarla sarebbe eretico. Se volete fare un pranzo veloce immersi nel centro storico della città, potrete spostarvi verso piazza Marina, da Ninu u guastiddaru (angolo corso Vittorio Emanuele). Lì, seduti ai tavoli, con tovagliato di carta, potrete fare un pranzo succulento, tutto a base di sapori siculi e a costi contenuti. Un buon caffè: al Bristol, in via Amari, a pochi passi da piazza Politeama. Lì potrete concludere con una cassatella e un ottimo cremino di caffè. I posti citati sono solo un sunto delle miglilaia di proposte di locali, ristoranti, fast food che si possono incontrare a Palermo e ai quali dedicheremo spazio nei prossimi post. Non si potrà infatti non parlare, tematicamente, di luoghi celebri come Spinnato, la pasticceria Albicocco, Oscar, il bar Rosanero e tanti altri. Intanto che dirvi: buon appetito! (foto by Maristella Panepinto all rights reserved)

sabato 28 giugno 2014

A spasso per Sferracavallo

Oggi mi sposto dal centro città e vi porto a passeggio in uno dei borghi marinari più belli della zona: Sferracavallo. Il quartiere, che da tempo reclama l'autonomia comunale, nasce come un borgo di pescatori, distante dalla città di appena un paio di km. Sferracavallo mantiene il fascino degli antichi paesi costieraschi, con i tetti a spiovere e certe ville padronali, che svettano da piccole alture. E' lì che, da sempre, si concentrano i piccoli pescherecci che riforniscono di pescato la città. La tradizione si è conservata nel tempo, tant'è che a Sferracavallo è un pullulare di pescherie e ristorantini dove gustare, a prezzo fisso, abbondanti menù di pesce.
 
 

Si tratta di preparazioni essenziali ed abbandonati, che richiamano clienti da ogni dove. In estate è un tripudio di nordeuropei che si "abbuffano" di pesce, alternando i loro tavoli a quelli dei locali, che a Sferracavallo festeggiano ora la cresima, ora il battesimo, ora la laurea. Il Delfino e Temptetion sono solo due delle insegne storiche della ristorazione locale. Malgrado alcuni definiscano kitsch il borgo, se paragonato al più borghese Mondello (che dista pochissimo da Sferracavallo), la gente del posto non esita ad affermare che, "se solo qui vi fosse il casinò, l'atmosfera sarebbe uguale a Montecarlo o a Sanremo".
 
 




 Faccio gite a Sferracavallo sin da piccolissima, quando con i miei, per il venticinque aprile, come da tradizione, da Casteltermini raggiungevamo Palermo. L'itinerario era quello che continuo a seguire. Pranzo di pesce con l'immancabile pasta alle sarde e muddica (provatela è eccezionale!), gelato al pistacchio e limone e  dopo "la mangiata" a passeggio per il lungomare. Lì è un tripudio di bancarelle, che vendono chincaglieria di ogni foggia. Capita anche di beccare un artigiano, vuoi dei tessuti, vuoi del legno e di acquistare un cimelio da custodire. Dalla panoramica davanti ai ristoranti è bello proseguire dritti fino al noleggio dei motoscafi e dei gommoni. Lì, armati di costume, vi consiglio di fare un'escursione alla baia del Corallo, a Barcarello e fino alla riserva naturale di Capo Gallo. Sono posti dove la bellezza marinara della Sicilia dà il meglio di sè. Se siete fortunati, vi capiterà di imbattervi in qualche antico veliero, che ogni tanto costeggia la zona ed è disponibile per dei mini tour a prezzi abbordabilissimi. Gli appassionati di pesca subacquea a Sferracavallo trovano la loro panacea, oltrechè una gamma senza fine di specie ittiche. La balneazione è vietata nelle spiaggette del borgo. Per passare qualche ora in riva al mare, si può approfittare dei lidi a un km dal centro abitato. Non c'è arenile, ma il mare è limpido e delle pedane attrezzate di sdraio e ombrelloni renderanno gradevolissimo il vostro soggiorno. Sferracavallo è un luogo per cultori delle tradizioni marinare, non ha locali sofisticati, nè ambientazioni fashion. L'essenzialità e le bellezze naturali sono la sua cifra stilistica. Per gustarne a pieno l'estetica è meglio recarvisi a inizio settimana, quando le flotte di turisti e di palermitani non si riversano in massa per le strade del borgo. Spostandosi in macchina in direzione di Capaci, è possibile ammirare lo spettacolo dell'isolotto "delle femmine" (di cui vi parlerò in un altro post). Assistere a un tramonto sulla minuscola isola è un'esperienza estetica unica, da immortalare assolutamente!!! A Sferracavallo si arriva con facilità dalla tangenziale viale Regione siciliana, da lì si procede in direzione Tommaso Natale e si svolta allo svincolo per Sferracavallo. (Foto Maristella Panepinto)

giovedì 26 giugno 2014

Il mercato del Capo, tra chiese, street food e qualche imprevisto





I mercati storici di Palermo sono i luoghi ideali dove ascoltare i battiti della città. Abitati da chi ne popola i rioni da generazioni, prendono vita alle prime luci dell'alba, per animare la vita palermitana fino al tardo pomeriggio.

Inizio con il parlarvi del mercato che mi è più caro: il Capo. Due anni fa ho avuto il piacere di abitare nel cuore del rione per un'estate intera. Ho soggiornato al b&b, Porta Carini (ve lo consiglio, lì si sta proprio bene n.d.r.). Da questa esperienza ho compreso un paio di cose: la Palermo antica e popolare ha un'identità incorruttibile, la gente di strada, talvolta, ha una gentilezza del cuore molto più grande di quanto non si possa immaginare.
Il mercato del Capo parte dal via Volturno - a due passi dal teatro Massimo e a un tiro di schioppo dal palazzo di Giustizia  - e si allunga quasi fino al quartiere della Guilla, alle spalle della cattedrale. Tra le bancarelle dei venditori di frutta e  quelle dei pescivendoli, da qualche anno si intersecano anche le botteghe degli extracomunitari.
 
 

Si tratta in prevalenza  di attività gestite da pakistani, che hanno installato al Capo le loro tradizioni culinarie. Non stupitevi se, durante una passeggiata, vi imbatterete in bancheralle grondanti  bacche oblunghe o ortaggi mai visti: sono cibi tipici asiatici, curiosi da vedere e buoni da gustare (per prudenza, considerato che non conosco la filiera, ho sempre mangiato queste verdute ben cotte). Dall'antica Porta Carini (uno degli ingressi storici della città) parte il carosello degli ambulanti, che vendono frutta di ogni foggia, spezie provenienti dalle estremità meno conosciute del globo, capperi di Pantelleria, marzapane "delle monache", frutta candita, origano e cannella.
 
 

 E' una passeggiata che stimolerà principalmente il vostro olfatto, considerata la mole di profumi che vi colpiranno e che vi farà venire il desiderio di fermarvi a fare acquisti. Come per tutti i mercati meridionali che si rispettino, anche al Capo vale la legge della contrattazione: sul prezzo, sulla quantità, sulla varietà. Occhio alle bancarelle del pesce, a volte le vongole sono talmente fresche che vi colpiranno con i loro schizzi. Ci sono poi le macellerie storiche e un paio di panifici, dove è possibile acquistare dei fragranti biscotti per la prima colazione (i regina, decantanti dal commissario Montalbano, sono una vera delizia per il palato) o le buonissime millefoglie (un dolce a pasta lievitata e uvetta, ricoperto di zucchero grezzo).
Al Capo, se non siete particolarmente igienisti, potrete anche gustare le proposte street food: sficione in carrozzella (mi piace definire così un classico della cucina siciliana, una pizza alta e soffice, condita con "asciattu"/concentrato di pomodoro, cipolla fritta e pecorino grattuggiato -  la vendono spesso degli ambulanti, che la espongono su di un marchingegno a ruote), fichidindia già sbucciati, polpette di pesce e mini porzioni di caponata.
Non mancano un paio di ristorantini (citati anche in alcune guide turistiche) e qualche fast sicilian food.Tra una bancarella e un'altra,si incastonano alcuni tesori palermitani: la chiesa monumentale dell'Immacolata concezione, quella di sant'Ippolito martire e più giù, tra i meandri del quartiere, quella di sant'Agostino. Pare che siano stati proprio i monaci agostianiani a dare vita al rione e allo storico mercato. Di queste chiese (l'itinerario del quartiere ne comprende in tutto sette) vi parlerò più approfonditamente in un altro post. Al Capo si respira l'aria della Palermo tradizionale: dialettale, vociante, accalorata e multicolore. Le stradine sono spettacolari, così piene di "personaggi", di alcove, di altari dedicata alla Santuzza, di vecchie chiese (alcune delle quali, ahimè, diroccate) e di scorci da verismo cinematografico. I loro nomi potrebbero essere spunto per i semiologi: via delle Sedie volanti, della Rosa alla gioia mia, Fastuca.
 Al Capo ho trascorso un periodo della mia vita che non dimenticherò. Passeggiare lungo il mercato mi ha dato allegria e mi ha offerto molti spunti da trasformare in parole. Soprattutto quell'esperienza ha stemperato un mio difetto, tutto siciliano: l'essere diffidente verso lo "straniero". Tra alcuni tipi, apparentemente loschi, che abitano il quartiere, ho individuato un'umanità impensabile per i perbenisti. A tal proposito vi racconto una mia disavventura. Smarrii il mio cucciolo di cane, una labrador di nome Dafne.
Ero disperata, ci eravamo trasferiti a Palermo da poco e Dafne non conosceva nulla della nuova città. In lacrime mi lanciai alla cieca nelle ricerche. In pochi istanti il quartiere mi fu intorno e con tutta la solidarietà possibile mi fece bordone. Ho intravisto sguardi comprensivi, come raramente mi è successo di conoscerne. Nel giro di neppure un'ora abbiamo ritrovato la mia cucciola. Come tutti i pericoli scampati, ricordo quel momento come una delle parentesi più belle della mia vita. Il giorno seguente festeggiai con la gente del posto, tutti insieme a suon di arancine e sfincioni.
Non dimenticherò mai l'entusiasmo e la gratitudine dei ragazzini del Capo. Si erano sentiti utili e avevano apprezzato il valore di quella piccola ricompensa festaiola. E' vero, quel giorno, a qualcuno di loro scappò qualche parola colorita n salsa sicula, ma quando ritrovammo il cane, lessì nei loro occhi l'energia pulita di chi ha centrato un obiettivo. A volte  basta un "perchè" e la vita prende pieghe che non ti aspetti. Questo è per me un motivo in più per suggerirvi un'attenzione particolare al Capo, alla sua storia e alla sua gente (foto Maristella Panepinto All rights reserved)

mercoledì 25 giugno 2014

Facciamo un giro nel ventre di Palermo: la chiesa di san Giuseppe ai Teatini

C'è un luogo di Palermo che mi è particolarmente caro. E' la chiesa di san Giuseppe ai Teatini. Si trova ai Quattro canti, laddove via Maqueda si divide in due metà virtuali: c'è la parte alta, che è  diventata il quartiere generale degli immigrati di lingua Tamil (da quelle parti - tra fast food indiani, negozi srilankesi e profumerie asiatiche -  si attivano all'unisono tutti i sensi e se si chiudono gli occhi si sente perfino odore di Asia). C'è poi la parte a sud, dove resistono alcune delle insegne storiche della Palermo commerciale. A volere definire con un solo aggettivo la chiesa di san Giuseppe, mi viene da usare il più immediato: bella! Lo è per via di quel barocco seicentesco raffinato, che la rende diversa da certe architetture palermitane, che stancano gli occhi e annoiano per via del loro eccesso. A mio avviso, che non sono un'esperta nè di arte nè di architettura, ma che da entrambe mi lascio contagiare d'istinto, somiglia a certe chiese di Roma, a quella di san Filippo Neri in particolare. La chiesa di san Giuseppe si fa amare per via di quell'atmosfera singolare, che coglie il visitatore una volta entrato: è raccolta, sebbene sia enorme, è intima, anche se è uno degli itinerari turistici più battuti della città.

C'è poi quella leggenda, che da sempre ne ha incrementato i pellegrini. Interno alla chiesa è infatti un piccolo chiostro, con al lato sinistro una fontana, dalla quale sgorga, secondo la storia riconosciuta dalle istituzioni ecclesiastiche, acqua miracolosa. La leggenda parla di un'immagine, quella della Madonna della Provvidenza (patrona/protettrice della chiesa e del rione, festeggiata il 15 gennaio), che è stata installata, dopo una mistica visione di uno dei monaci, nella chiesa. Da lì a poco, nella cripta della chiesa, fu rinvenuta la sorgente (era il 1668, quasi due secoli prima dell'apparizione di Lourdes) la cui acqua, secondo gli scritti della confraternita teatina,  ha operato nei secoli decine di miracoli. Tutt'oggi, la fonte è visitata quotidianamente da decine di fedeli, che si inginocchiano, implorano e che, talvolta, armati di bottiglie e bidoni, fanno scorte dell'acqua miracolosa.
I meno informati non sanno che l'immagine originale della Madonna della Providdenza si trova all'interno della chiesa, in una delle navate della parete a sinistra. Quella a capo della fonte è una riproduzione più recente. A curare l'edificio e le funzioni sacre sono i monaci teatini. Attualmente ve ne sono tre, capitanati da padre Fernando, un simpatico e gioviale sacerdote colombiano, conosciuto da mezza Palermo, vuoi per i modi gentili, vuoi per la foltissima chioma. Se vi capitasse di visitare la chiesa, vi consiglio di scambiare quattro chiacchiere con don Fernando, vi contagierà con la sua simpatia tutta sudamericana.
Vi consiglio di leggere i link, che vi indicherò di seguito, così da conoscere meglio la storia e il culto della chiesa di san Giuseppe ai Teatini:  la chiesa, la sorgente miracolosa. Considerato che Palermo è il regno del buon cibo pret a porter, vi suggerisco, qualora organizzaste un tour ai Teatini di Palermo, di fermarvi in uno dei bar di corso Vittorio Emanuele e della romantica piazza Bologni. Al bar Marocco, di fronte alla cattedrale, potrete fare una ricca colazione in piedi, gustando ciambelle fritte, cassatine di ricotta e marzapane o sfioncione palermitano. Nei tre bar che si trovano sulla piazza, potrete accomodarvi e magari accompagnati da un buon libro guida su Palermo, sorseggiare un caffè ristretto, gustando una briosche con il tuppo o un'arancina, il tutto, se sarà possibile, sotto il cielo azzurro e aperto dell'estate siciliana. Ne varrà la pena e conservete uno di quei ricordi che restano :-) (foto Maristella Panepinto all right reserved).

giovedì 19 giugno 2014

Dopo dieci anni torno su un blog...

 
 
 

 
Sono passati una decina d'anni dalla prima volta che ho scritto la pagina di un blog. Al tempo, il desiderio era quello di dare vita alla mia passione per la scrittura, raccontando storie e congetture. Da allora sono successe "un paio di cose". Lavoro scrivendo, sono una giornalista professionista e felicemente precaria, ho adottato Dafne, un adorabile labrador color miele, e ho messo su casa con Alessandro. Tra una cosa e un'altra ho imparato a cucinare e di necessità ho fatto virtù. I fornelli sono diventati una delle mie passioni. Non ho velleità da chef e non desidero inaugurare l'ennesimo blog di cucina (mi mancherebbe la materia prima), mi piacerà però condividere con voi, tra gli altri, anche i miei pensieri sul cibo. La cucina per me oggi è un ottimo rimedio allo stress e un modo alternativo per fare dichiarazioni a chi mi sta accanto. In questi anni ho anche adottato una nuova passione: adoro fotografare. Se nei primi anni della gavetta giornalistica, i miei superiori mi rimproverano perchè non mi decidevo ad acquistare una fotocamera, oggi posso dire che fotografo qualsiasi cosa. Dalle rose del mio giardino, ai tramonti sul "grattacielo" di Palermo, alle mille angolazioni della fontana del Gianicolo (vado spesso a Roma. E' una citta che ho nel cuore e dove sogno di trasferirmi). Sono rimasta una pessima fotografa, ma ho imparato l'arte del curiosare, abbinata al desiderio di fermare i dettagli che mi si impigliano negli occhi. L'idea di questo blog è quella di una scrittura di e da viaggio. Vorrei farvi conoscere le mie passeggiate, quelle che faccio nella bellissima Palermo (città contraddittoria ma unica, che da alcuni anni mi ha adottata), quelle lungo la provincia agrigentina (Casteltermini, il mio paese, è per certi versi un luogo irresistibile, con i suoi panorami aperti, il cielo senza contaminazioni e la cima dell'Etna che sbuca all'orizzonte quando non c'è foschia). Sono da sempre un girovaga. Ho iniziato a viaggiare ad appena un anno, quando, al seguito di mia madre, facevo la spola tra Casteltermini e Messina. Ricordo che nei fine settimana, per cambiare aria, prendevamo il traghetto e andavamo a fare un giro a Villa San Giovanni. Quel mare, che mi si spalancava davanti, era la ricompensa migliore alle ore passate ad aspettare che mamma tornasse da lavoro (sia sempre benedetta mia nonna Tatà, che mi accudiva come solo le vere nonne sanno fare). In questo blog vi parlerò anche del mio gironzolare per l'Italia e per l'Europa. Nei miei racconti descriverò non i luoghi più belli, ma quelli che mi danno un'emozione. Mi permetterò di suggerirvi qualche itinerario, farò dei brevi cenni storici e mi soffermerò sulle leggende, vi segnalerò anche un ristorantino in centro, o quel posto dove mangiare a volontà panelle e crocchè o quella pasticceria dove preparano i bocconcini con la panna fresca, tale e quale a quella di una volta. Vi scriverò di tour che si possono fare anche nei posti più piccoli del mondo. La mia passione per i viaggi mi ha insegnato che la bellezza degli itinerari non dipende dalla vastità delle superfici da visitare, ma dalla voglia che ha il viaggiatore di conoscere. Intanto vi anticipo qualcosa della nostra prima tappa: corso Vittorio Emanuele, la chiesa di San Giuseppe dei Teatini e la leggenda della fontana miracolosa.